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panoramica slide

fibulaVi sembra familiare, vero? Si tratta di una fibula, che potrebbe essere considerata come la nostra spilla da balia, perché serviva anch'essa a trattenere lembi di vestiti.

Oggetti di questo tipo si trovano in gran quantità e varietà nelle tombe appartenenti alla civiltà villanoviana, poiché indossati dal defunto o dalla defunta al momento della cremazione oppure deposti come oggetti facenti parte dei cosiddetti 'corredi funerari', cioè quell'insieme di beni materiali che venivano sepolti insieme al defunto e che aiutano molto gli archeologi nelle indagini. Infatti, le fibule possono dirci, per esempio, se si tratta della sepoltura di una donna, o di un uomo.

Questa particolare fibula, realizzata in bronzo tra VIII e VII sec. a.C., appartiene ad una sepoltura femminile rinvenuta nel 1988 nella necropoli di Caselle (presso il casello autostradale Bologna - San Lazzaro), ed è caratterizzata da una singolare decorazione lungo l'arco: delle figure ornitomorfe, cioè a forma di uccello, anzi più precisamente si tratta di paperelle!

Sì perché questo animale aveva un significato molto particolare presso i Villanoviani: vivendo tra terra, acqua e cielo, simboleggiano il passaggio dalla vita alla morte.

 

Potete consultare la scheda di reperto online sul Catalogo del Patrimonio Culturale dell'Emilia-Romagna

asciamartelloPiuttosto strano quest'oggetto, vero? Nell’ampia collezione di reperti litici del Museo, sono presenti anche diversi esemplari di questo particolare strumento: un’ascia-martello forata.

Si tratta di un utensile in pietra levigata, dalla caratteristica forma “a ferro da stiro”, con foro per l'inserimento di un manico in legno, raramente conservatosi a causa della sua deperibilità.

Manufatti del genere sono stati realizzati utilizzando rocce di origine vulcanica (ofioliti) molto compatte e tenaci, come basalti, diabase, doleriti e gabbri reperibili nell'Appennino bolognese e probabilmente impiegati in lavori “pesanti”, come disboscamento e sgrossatura del legno. Le asce-martello sono caratteristiche della prima età dei Metalli, quella del Rame, o Eneolitico (3.500 – 2.200 anni a.C.), in cui è ancora abbondante la produzione di strumenti in pietra levigata.

Questo particolare reperto, rinvenuto nei pressi di Pianoro, presenta le superfici laterali curve e gli angoli del tallone smussati. È realizzato in diabase, roccia ignea dalla caratteristica tessitura granulare.

Potete consultare la scheda di reperto online sul Catalogo del Patrimonio Culturale dell'Emilia-Romagna 

bifacciale CamponiCos’è un bifacciale? È un manufatto paleolitico caratteristico della cultura acheuleana (in Italia: 500.000-150.000 anni fa), ottenuto da elaborate tecniche di scheggiatura eseguite su entrambe le facce e lungo tutto il perimetro, tali da creare una forma simmetrica, talvolta appuntita, con una superficie di taglio ampia e continua e una base larga e ben impugnabile. Spesso la sua forma ricorda quella di una mandorla, prendendo così il nome di “amigdala” (dal latino amygdăla «mandorla», derivato dal greco ἀμυγδάλη).

Si tratta di uno strumento ben “progettato” e multifunzionale, adatto a una vasta gamma di funzioni, come cacciare, macellare le carcasse degli animali, tagliare e lavorare il legno, scavare il terreno con la punta… tante, come tante erano le attività legate alla sussistenza.

La comparsa dei bifacciali nell'area bolognese è anche legata all’impiego di una particolare materia prima, la ftanite, disponibile in ciottoli di grandi dimensioni lungo il greto dei fiumi. Non è quindi un caso che molti sono stati ritrovati proprio tra le ghiaie dei corsi d’acqua e per questo presentano i segni del logorio provocato dalla lunga permanenza nella corrente (fluitazione).

Questo particolare reperto, rinvenuto nel podere Camponi (in località Pizzocalvo del Comune di San Lazzaro di Savena), si distingue per le sue notevoli dimensioni, ben 24 cm di altezza e 11 di larghezza, e la sua eccezionale fattura, risultato di un lavoro di scheggiatura accurato e minuto, rifinito alla perfezione.

Potete consultare la scheda di reperto online sul Catalogo del Patrimonio Culturale dell'Emilia-Romagna dell'IBC