La romanizzazione di un territorio come quello dell’antica Emilia-Romagna procedeva programmaticamente per tappe successive comprendenti la fondazione o rifondazione di colonie, l’occupazione stabile delle campagne da parte di persone provenienti soprattutto dall'Italia centrale, la gestione del territorio agricolo attraverso l’utilizzo di uno schema di ripartizione regolare dei terreni: la centuriazione (da 'centuria', il nome dell'appezzamento quadrato di circa 710 metri per lato).
In territorio sanlazzarese tracce della ripartizione poderale romana - che costituiva la base anche per la rete di comunicazioni, per le infrastrutture di drenaggio e scolo delle acque di superficie - sopravvivono a valle della linea ferroviaria, soprattutto in destra Idice.
Il delicato compito di organizzare e distribuire ordinatamente il territorio spettava a tecnici specializzati, gli agrimensori o gromatici, simili agli odierni geometri, che si avvalevano di uno strumento – la groma, munita di due bracci formanti quattro angoli retti e relativi fili a piombo – grazie alla quale era possibile tracciare sul terreno allineamenti perfettamente ortogonali.
Gli agrimensori applicavano il metodo a seconda delle circostanze e della situazione che di volta in volta affrontavano in loco. Tendenzialmente seguivano un orientamento “secundum coelum”, ossia su base astronomica e quindi collegata ai punti cardinali, ma all'occorrenza agivano "secundum naturam”, ovvero regolandosi sulla specifica condizione del terreno su cui operavano.
Questo spiega perché in un’area vasta si possano registrare diversi tipi di centuriazione, anche divergenti fra loro. In altri casi, come avviene in Emilia-Romagna, fu la via Emilia a divenire il caposaldo di riferimento.
[nella foto: Parco Archeologico di Carnutum (Austria), “Römerfest” 2008: ricostruzione dell’uso della groma (fotografia di Matthias Kabel)]